IL MISTERO, LA PAURA
Regia: EleutheraTeatro
Descrizione:
Il progetto denominato Il mistero, la paura – un percorso teatrale dentro la novella Ciaula scopre la luna di Luigi Pirandello si propone di presentare ai suoi fruitori la nota novella dell’autore siciliano, scritta nel 1907 e contenuta nella raccolta Novelle per un anno, in una veste particolare, ovvero attraverso la sua lettura espressiva e drammatizzata, alla quale farebbe seguito il diretto coinvolgimento degli stessi partecipanti al percorso.
La produzione pirandelliana spazia dalle opere teatrali al romanzo. Ma è proprio nelle novelle che la sua arte sa forse esprimere il meglio. Alcuni racconti brevi, o brevissimi, come La carriola, La giara, Ciaula Scopre la Luna, sono diventati dei classici della letteratura Italiana del Novecento.
Giuseppe Ungaretti, in un suo bellissimo saggio, stabiliva un parallelo diretto tra il suo lavoro poetico e la condizione dell’uomo immerso nel mistero dell’esistenza. Secondo Ungaretti la condizione naturale dell’uomo è quella di chi, vestendo una misura finita e temporale, è in costante comunicazione con un tipo di esistenza che, al contrario, sembra essere immune dalle semplici leggi della vita e della morte, del tempo, della forma. Ecco allora che l’uomo chiama mistero tutto ciò che, seppur percepito, sfugge alla sua immediata comprensione. Compito e vocazione del Poeta è quindi dare una misura al mistero, umanizzando così il disumano perturbante che percepiamo intorno a noi. In quest’opera tuttavia il Poeta è destinato a fallire, poiché il mistero si contrappone all’uomo proprio in virtù della sua mancanza di forma. Ecco allora che nell’esercizio estremo della parola (sia essa cantata, dipinta, scolpita o danzata) sentiamo palpitare, profonda, la pietas verso la tragica condizione dell’umanità.
In Ciaula scopre la luna il protagonista viene chiuso nel ventre profondo e asfissiante della miniera che, ad una lettura più attenta, diviene simbolo della sua stessa condizione umana e, in senso assolutistico, della condizione umana tout court: l’”idiozia”.
Eppure è proprio grazie a questa misura chiusa, asfissiante, che lo stesso Ciaula riuscirà ad avere esperienza, anche se breve, dell’infinito, della verità, rappresentati dalla luna che entra in scena alla fine del racconto al pari di una visione trascendentale.
E’ come se la forma, in questo racconto rappresentata da Ciaula e dalla sua idiozia, volesse spingersi in territori inesplorati e alieni con una doppia consapevolezza: da un lato la necessità di liberarsi di se stessa (la faticosa uscita dalla miniera, dall’antro) per comprendere la natura del mistero; dall’altro l’impossibilità di farlo perché l’uomo ha comunque bisogno di una forma per sapere di esistere.
Quale misura, dunque, può contenere il mistero, per renderlo il più umano possibile?
Proveremo a chiedercelo insieme ai partecipanti, accanto ad altri interrogativi, ad altre riflessioni.